Sono nato in Salento, tra l’Adriatico e lo Ionio, venti chilometri a sud
di Lecce. Da bambino ho letto moltissimo: gialli e libri di spionaggio,
libri storici, di avventura, di fantascienza, testi sulla natura e la
scienza e, se possibile, ciò che mi veniva proibito. Da ragazzo ho
frequentato
il Liceo Artistico, quando Romano Sambati, pittore schivo, essenziale,
fortemente concettuale, teneva la cattedra di pittura. Ascoltavo Vivaldi,
la PFM, Jean Michel Jarre, i Pink Floyd, i Genesis, i Deep Purple, gli
ACDC, il primo album di Phil Collins, i cantautori italiani, Franco
Battiato, Lucio Battisti. A sedici anni sono entrato a far parte del team di una radio locale dove
ho trascorso lunghe ore a promuovere musica improbabile.
Nell'estate del '79 ho frequentato il laboratorio e la casa di
Nino Rollo che
mi ha insegnato le tecniche della scultura in marmo; aiutavo Nino nelle fasi di sgrossatura, rifinitura e levigatura
delle opere. È stata
un'esperienza breve ma indimenticabile: la figura del Maestro è rimasta
per me
un riferimento e si riaffaccia spesso alla mia memoria col ricordo della
sua immagine rigorosa e amichevole, col suo volto velato dalla polvere
del marmo, con la serietà e il calore con cui accarezzava la pietra, coi suoi racconti di vita
trasgressiva, da cui emergevano forti il senso di libertà e il valore
del lavoro,
che condensava in forme pure, sensuali e sincere.
Nel 1980 mi sono iscritto alla facoltà di Architettura di Roma
di cui ricordo solo la figura maestosa di Orseolo Fasolo. Ho letto tutto di Bukowski. Ascoltato i Jethro Tull, i Talking Heads
e Mauro
Pagani. Ho lasciato l’università dopo solo un anno e sono partito per il servizio
militare: a Maddaloni, in provincia di Caserta, nel reparto di
Sussistenza con l’incarico 231A: istruttore.
Chiusa la parentesi militare ho studiato all’Accademia di
Belle Arti di Lecce. Nel corso di Decorazione invece che quello
canonico di pittura, con l’intenzione di sfuggire ai probabili
condizionamenti del «docente-artista». Nel 1983 ho frequentato un corso di
programmazione ANS-COBOL.
In quell'anno l'Accademia scelse i miei lavori dedicati
all’opera di Klimt per rappresentare il corso di
Decorazione all’Expo Arte di Bari. In genere ascoltavo jazz.
In Accademia ho seguito il corso di Storia dello
Spettacolo tenuto da
Franco Perrelli (sceneggiatore e critico teatrale,
principale traduttore italiano delle opere di Strindberg, ora al DAMS –
Università di Torino [2002]); quello di Fotografia, con Pierluigi Bolognini;
quello di Sociologia dell’Arte, di Antonio Basile (sociologo e
critico d’arte). È con lui che ho
approfondito gli aspetti deformanti e
snaturanti del mercato dell’arte, maturando, nei confronti della «cerchia
degli addetti ai lavori», un sospetto e una ostilità che è stata causa,
forse, della mia produzione isolata, totalmente estranea a logiche di
mercato.
Nella mia personale visione, l’arte è il risultato di un lavoro
«puro» (virgolette indispensabili), che si contraddistingue per essere
un atto «creativo» piuttosto che «produttivo». L’artista,
dona la sua opera all’umanità, la genera dal suo codice di sensibilità
culturale (o genetica), la dà come creatura libera che comunica al mondo
sempre nuovi significati pur essendo «perfettamente» inutile. L’opera
d’arte non è richiesta. Si manifesta allo stupore dell’osservatore
strappandogli un sorriso o un fremito nell’attimo in cui lo tiene
sospeso senza il minimo punto di riferimento: è una domanda impensata,
una rivelazione che non dà risposte; entrando nel circuito commerciale,
i suoi «valori» originali ne risultano qualche volta esaltati ma il più
delle volte distorti, se non completamente rovesciati.
In Accademia, l’approccio sperimentale e la tecnica
varia e personale hanno fatto apprezzare il mio lavoro. Solo in
incisione le mie sperimentazioni hanno trovato una certa ostilità. Lavoravo
alla creazione di una nuova tecnica: affiancando ai metodi di corrosione
acida una fusione controllata della lastra, questa, oltre a
rilasciare l’inchiostro, imprimeva un effetto calcografico al foglio di
carta dando alla stampa una impensabile connotazione materica.
Ho chiuso il ciclo di studi con una tesi sul tema della
Morte dell’Arte. Un lavoro che, partendo dall’analisi della crisi
provocata alla fine dell’ottocento dalle nuove tecniche di riproduzione,
passando attraverso la valutazione dei meccanismi di autonegazione culminate con l’Arte Concettuale, teorizzava una palingenesi nella
riconquista della dimensione materica dell’opera d’arte.
A partire dal 1987 i miei lavori pittorici
hanno coinvolto sempre più spesso la terza dimensione. Ho usato supporti rigidi
invece che tela: le superfici si laceravano, ed elementi in legno o
pietra, pezzi di metallo, ingranaggi arrugginiti di vecchi orologi,
emergevano dalle profondità.
In quell'anno ho intrapreso un’attività di
progettazione e realizzazione di arredi interni e prodotti di
falegnameria classica, con un laboratorio che è arrivato ad avere una decina
di dipendenti. Realizzavo arredi per attività commerciali, mobili, cucine,
complementi, ecc. Cercavo di lavorare con creatività tenendo d'occhio la motivazione funzionale e
mettendo a frutto la conoscenza delle nuove tecnologie per la
progettazione tridimensionale. Ho affrontato quella sfida con
l’obiettivo di ricavare le risorse finanziarie per sottrarre la mia
attività artistica
alle necessità contingenti, ma, malgrado un buon fatturato e il successo
dei prodotti, una serie di fattori hanno portato nel ’92 alla chiusura
dell’attività.
Dal ’92 mi sono concentrato maggiormente sulla produzione artistica
lavorando però contemporaneamente in uno studio di progettazione.
I miei lavori di quel periodo sono una testimonianza violenta e
disperata, coltivano un’estetica del dolore, in cui l’aspetto carnale
rimane l’unico afflato vitale. I cunei appuntiti, affilati si proiettano
fuori dalle superfici consigliando prudenza e distanza all’osservatore.
Quando ho deciso, a un certo punto, che era il momento di presentare i miei lavori, ho scelto la galleria
di Emilio Mazzoli che li ha puntualmente rifiutati perché distanti dalla linea
sua editoriale
(in quel periodo Mazzoli stava organizzando la mostra di
Gian Marco Montesano, che, obbiettivamente, era tutta un’altra linea).
È stato il primo
e l’ultimo tentativo del genere.
Leggevo Nietzsche, Kafka, Freud (Totem e Tabù),
Vattimo, Maldonado, Günter Grass, il Mare Verticale di Saviane. Ho
scoperto l’Urlo, di Faulkner, studiato i primi testi su Internet. Mi
occupavo di ristrutturazioni architettoniche, preparavo un concorso a titoli per la
cattedra di Anatomia Artistica inventando soggetti figurativi semiscorticati su cui sperimentavo ancora una volta il rapporto di
osmosi conflittuale tra profondità e superficie, interno e ed esterno,
palese e celato.
Nell’aprile del 1995 mi sono trasferito a Vicenza
dove ho lavorato subito come arredatore d’interni.
Nel ’96, a Verona ho
condiviso col
titolare la responsabilità di gestione della sede locale della società
occupandomi prevalentemente di progettazione. Ho acquistato il mio primo
personal computer a interfaccia grafica che ho utilizzato con
applicazioni per la progettazione tridimensionale ed il rendering, con
cui ho potuto sperimentare, soprattutto, le potenzialità «espressive» dei
programmi di grafica digitale. Ero attratto dalla forza di
Internet come strumento di comunicazione globale quando
Videøparty
ha deciso di dedicare ai miei lavori
digitali un ampio spazio.
Decisi di lasciare il mondo dell’arredamento per dedicarmi
ad Internet iniziando come freelance la carriera di web designer. Nel ’98
è nato
WASART, con l’utopia di dar vita a un movimento artistico che
avesse Internet come centro di coesione e il corpo
come principale oggetto di riflessione estetica. Pubblicavo i miei
lavori
con gli pseudonimi di Notoalieno, Aleo, AL&AW. Arrivò qualche
riconoscimento dalla stampa ma il movimento non decollò.
Dal 1999, sono responsabile del
design visivo di
WINS, società di servizi Internet. Qui affronto progetti grafici e web ad alto
contenuto estetico cercando di non perdere mai d’occhio la funzionalità,
l’efficienza e la valorizzazione dei contenuti. Motivo, credo, che mi ha
fatto godere dell'attenzione di alcune importanti società commerciali
che mi hanno incaricato della gestione della comunicazione su Internet.
Tra il 2000 e il 2001 mi sono occupato dell'organizzazione
dell’ufficio grafico e della direzione artistica per due società IT
veronesi. Nello stesso periodo ho preparato e superato il concorso per le
cattedre di Disegno e Storia dell’Arte ed Educazione Artistica
ed ho insegnato «progettazione grafica per il web» nei corsi SCF
della regione Veneto. Ho tenuto anche corsi
sull’uso di Front Page per la creazione di web ad uso didattico. Ho
letto poco in questo periodo: Irvine Welsh, Philip Roth. Ascoltavo Herbie
Hancock, Zawinul, Marcus Miller, Bill Evans, Paolo Conte, soprattutto
Miles Davis.
Nel 2002, all’Istituto Comprensivo di Isola
Vicentina, ho sperimentato gli aspetti formativi delle strutture
ipertestuali e utilizzato i nuovi sistemi di comunicazione, come l’e-mail
e l’instant messaging, per stimolare le capacità comunicative di
alunni con difficoltà di linguaggio.
Attualmente vivo a Vicenza e opero prevalentemente
nella realtà territoriale veneta. Ascolto musica
etnica, classica e jazz dalle Internet-radio. Sto leggendo Gadda (l'Ingravallo
«ubiquo ai casi e onnipresente su
gli affari tenebrosi»).
Ma per fortuna non è tutto. :-)
Antonio Leo (febbraio 2002)
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