CONVERSAZIONE FRA LUCIO AMELIO E RICCARDO NOTTE
1991 Riccardo Notte

Lucio Amelio

Dalla morte del gallerista Lucio Amelio sono ormai trascorsi più di due anni. E' sotto gli occhi di tutti: gli scenari politici, economici, sociali del mondo intero hanno subito una vera e propria rivoluzione silenziosa. In due anni è profondamente mutato anche l'importante microcosmo dell'arte. A Napoli come altrove. Alcune nobili casate sono cadute. Altre, restano saldamente al loro posto. Altre ancora, giovani e dinamiche, si affacciano sul palcoscenico con grande esuberanza. Nuovi mondi, nuovi universi virtuali rapidamente mutano le nostre abitudini estetiche e i nostri convincimenti etici. Tutto questo convulso, ma anche appassionato movimento sembra negarci il tempo della riflessione. La memoria non ha quasi più diritto di asilo. Eppure, se si deve oggi tracciare un profilo sulla figura carismatica e saturnina di Amelio è necessario partire proprio da un tratto del suo carattere. Ovvero dal suo attaccamento alla memoria storica, dal suo progetto di rendere Napoli un centro d'attrazione della arte, presente e futura. Amelio è riuscito a trasformare un cataclisma naturale in un evento storico-culturale. Terrae Motus è perciò l'emblema dell'azione positiva che non si piega, che reagisce di fronte a forze più grandi dell'uomo. Terrae Motus è quindi il simbolo dell'animo eroico. Quel che segue non è che un piccolo contributo, ma interessante. Si tratta di un'intervista inedita. In essa emerge un Amelio che parla anche di sé, della sua interiorità.

Tony Cragg
Tony Cragg, 1983

NOTTE: "La Galleria Amelio ha accumulato oltre un quarto di secolo di storia. Ne sono passati di artisti. Io credo che sarai un giorno ricordato come una sorta di Anton Giulio Bragaglia napoletano..."

AMELIO: "Dei Bragaglia non so niente. So che la loro è stata una grande attività soprattutto legata al Futurismo. Credo. Però di questo non so proprio niente perché tu stai parlando con una persona ignorante, che conosce solo quello che ha fatto dal 1931, anzi 13 settembre 1931, da quando è nato. Conosco anche il nome della mia levatrice, la signorina Rossana, fino a oggi. Del resto non so niente. Tutto sconosciuto. Una cosa so. Di non sapere, quindi con questa boutade voglio dire che non voglio creare nessun caso. Voglio dire che non è possibile nessun confronto con una galleria di cui non conosco bene l'attività. Ma soprattutto erano tempi diversi. Io per esempio non so se questa galleria di cui tu parli abbia fatto mostre di Duchamp..."
Duchamp
N.: "Di Duchamp no ma ha esposto il dadaista Julius Evola..."

A.: "Ecco. I dadaisti italiani. Io dico che la prima critica che faccio e che esce fuori, sempre presuntuosamente, non conoscendo la storia di questa galleria, è che è mia impressione che a Roma succedano sempre dei fenomeni culturali di carattere regionalistico, mentre Napoli è una grande capitale internazionale di cultura. Allora, mentre Bragaglia faceva i neo-dadaisti italiani, io ho fatto la mostra di Duchamp. Voglio dire che ho sempre voluto andare al nocciolo della questione. Per esempio, ho iniziato con una mostra di Piero Manzoni, prima ancora che facesse la mostra alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna. Manzoni era un artista primario, un artista che non è un artista milanese, un artista di grande prestigio internazionale. Devo dire che questa piccola polemica con la Galleria Bragaglia nasce dal fatto che spesso a Roma, soprattutto in questi giorni. ahimè si nota una tendenza a regionalizzare l'arte, una tendenza che alcuni sciagurati critici e qualche sciagurata galleria tentano di fare. Allora si vede, che so, "Arte a Roma nel...". Già quando sento la parola "scuola romana" mi vengono i brividi. E' come dire "Scuola napoletana". Mi vengono i brividi quando sento "Scuola napoletana dell'800", ah ah ah (ride)... e sto parlando con una persona ... Cioè, "la scuola napoletana dell'800" è un'espressione impropria per dire che nell'800 c'erano a Napoli pittori con gli attributi giusti che erano persone che andavano a Parigi, che giravano il mondo e che dipingevano a Napoli ma che non erano "pittori napoletani". Pitloo, ad esempio, tanto per dire, era un olandese. Quindi io ho sempre timore di queste riduzioni di tipo regionalistico. Per quanto riguarda la mia galleria...la mia galleria? La nostra galleria! E dico "nostra" perché in un certo senso non è più mia; perché la galleria la fa Paola Colacurcio, Mimmo Scognamiglio, Corrado Teano ecc. Sono loro che fanno queste cose qui. Però la galleria che io ho inventato nel '65, non era una galleria che si poneva così: "... vediamo che cosa succede a Napoli. Anzi, il suo nome all'inizio era ridicolamente inglese; era

Modern Art Agency".

Continua 




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