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    Leonardo da Vinci, Ultima Cena
    
    	
    	   
    	1496, Convento di Santa Maria delle Grazie, refettorio - Milano
    	
   
    	
    	 
    		 Cinquecento 
    		
    			 
 1495 - 1497 L’opera rovinò presto per una tecnica inventata per poter tornare sul dipinto correggendo. Erano come due strati di stucco, di cui il secondo sottilissimo su cui dipinse con una tempera all’uovo. Il secondo strato si staccò portandosi via la pittura. Leonardo non era assillato certo da un desiderio di perfezione ideale ma dalla necessità di raggiungere gli obiettivi che si era prefisso. Per lui la storia non è altro che relazione tra uomini: ad ogni azione una reazione differente che va quindi attentamente ponderata. Non può esserci progettazione perché c’è ispirazione continua alla ricerca che sviluppa col disegno. Le figure, in gruppi (relazioni) di tre, sono espresse in movimenti concitati che derivano dal domandare, supporre, rispondere. Solo Cristo è isolato in un gesto assoluto. “Il bono pittore à da dipingere due cose principali, cioè l’homo e il concetto della mente sua; il primo è facile, il secondo difficile, perché s’ha a figurare con gesti i movimenti delle membra”. | |||||||||
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